Si definisce "patto di non concorrenza" l’accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore con cui le parti convengono di prolungare, per il periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, gli obblighi di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c. imposti al lavoratore nel corso dello svolgimento del rapporto stesso.
Attività di indagine per accertare una eventuale “violazione del patto di non concorrenza”
Patto di non concorrenza fra datore di lavoro e lavoratore.
Il “patto di non concorrenza” è una “clausola contrattuale” stipulata tra il datore di lavoro e il lavoratore in cui si accordano per limitare l’attività del dipendente una volta terminato il rapporto di lavoro. È quindi un accordo (patto), stabilito da specifico atto scritto, anche diverso dal contratto di lavoro e autonomo rispetto all’obbligo di fedeltà (art. 2105 c.c.).
Il divieto di concorrenza riguarda qualsiasi tipo di attività concorrenziale, anche se lecita, non solo la concorrenza sleale. Tramite questo atto scritto (accordo), viene limitata la possibilità, al termine del rapporto di lavoro, al dipendente (o collaboratore) di svolgere attività in concorrenza con l’azienda (datore di lavoro) per un determinato periodo (come da accordi scritti) e/o entro una determinata area geografica.
La normativa vigente di riferimento è riportata negli articoli 2125, 2596 e 1751 bis del C.C. e sancisce che, per risultare valida a tutti gli effetti di Legge, tale clausola di “non concorrenza” deve rispettare le seguenti disposizioni:
Il mancato rispetto del “patto di non concorrenza” da parte del lavoratore che lo ha sottoscritto, costituisce un illecito contrattuale.
Il datore di lavoro, dopo aver accertato e documentato tale violazione, potrà agire giudizialmente nei confronti dell’ex dipendente, al fine di far valere un suo diritto in sede giudiziaria, al fine di ottenere l’adempimento del patto (procedura d’urgenza ex articolo 700 codice procedura civile), nonché richiedere il risarcimento dei danni provocati dalla violazione in parola.
Come per il “patto di non concorrenza tra datore di lavoro e lavoratore, anche quello fra aziende per essere valido e non essere nullo, oltre alle disposizioni sopra indicate, deve contenere la specifica di una determinata zona e/o limitato ad una particolare attività , come ai sensi dell’art. 2596 C.C.
Per poter far valere un diritto in sede giudiziaria e quindi procedere per vie legali, è necessario poter dimostrare l’esistenza di un patto valido, ai sensi delle normative vigenti, e la violazione del patto da parte del dipendente, con prove valide. L’onere della prova spetta al datore di lavoro, che per la raccolta di tutte le prove necessarie può legalmente avvalersi di agenzie investigative.
Grazie al nostro metodo investigativo, maturato in oltre venticinque anni di attività sul campo, volto alla raccolta di prove valide e oggettive, l’Agenzia Investigativa “Massimiliano Altobelli Investigazioni” è in grado di accertare tutte le attività svolte in violazione del “patto di non concorrenza” da parte di un ex socio, dipendente, agente o collaboratore dell’azienda committente.
Nel caso in cui un’azienda abbia il sospetto che ex dipendenti, soci o collaboratori abbiano violato il divieto di concorrenza, spetta all’azienda stessa l’onere della prova per poter intraprendere una causa in sede giudiziaria. Lo scopo delle indagini è quello di ottenere prove valide che dimostrino con certezza (con relazioni tecniche correlate da fotografie) il mancato rispetto del patto, per permettere all’azienda committente di intraprendere un’azione legale, finalizzata al risarcimento danni, da violazione del patto di non concorrenza, nelle opportune sedi giudiziarie.
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